
Le frodi dell’olio di oliva minacciano il nostro territorio
L’olio extravergine di oliva è uno dei prodotti più frequentemente soggetti a frodi, e la situazione sta assumendo proporzioni preoccupanti.
La truffa più comune consiste nel commercializzare come olio extravergine di oliva prodotti di qualità inferiore, una pratica che ha avuto un incremento significativo negli ultimi anni. Tra il 2021 e 2022 si è registrato un aumento del numero di frodi di circa il 10% con molta probabilità legato all’aumento vertiginoso del prezzo dell’olio extravergine di oliva.



Per comprendere la dimensione economica di queste frodi, consideriamo l’esempio di un autotreno carico di 30.000 kg di olio di oliva vergine italiano, destinato a un’industria che produce grissini con il claim “con olio extravergine di oliva”. Nel mese di novembre, il prezzo dell’olio vergine è di circa 5,95 €/kg, mentre quello dell’olio extravergine è di 9,07 €/kg. La differenza di circa 3 euro per chilogrammo, moltiplicata per 30.000 kg, porta a un risparmio di circa 90.000 euro.
Per noi auditor risulta complesso identificare la frode, poiché non abbiamo accesso diretto al Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), che rappresenterebbe un strumento di controllo chiave per verificare la coerenza tra la categoria di olio riportata nei documenti di trasporto e quella registrata nel SIAN dal fornitore. Quest’ultimo, infatti, potrebbe non essere a conoscenza del fatto che il cliente modifica le diciture nei documenti a fini fraudolenti.

Nel mercato locale, le frodi assumono altre forme. Pensavo fino a qualche settimana fa che la principale forma di contraffazione fosse quella di miscelare olio extravergine di oliva di annate precedenti con quello “nuovo”, ma purtroppo si stanno diffondendo pratiche più infime e pericolose. In alcuni “laboratori casalinghi”, vengono creati “blend” di oli di diversa natura olio di semi, oli lampanti deodorati e oli da olive di origine extra UE, ai quali vengono aggiunti coloranti chimici per migliorarne l’aspetto e mascherare le imperfezioni. Questi oli vengono poi immessi nel mercato locale, venduti come prodotti di autentici, ma che in realtà rappresentano un rischio per la salute dei consumatori.
Qualche giorno fa, ho avuto un piacevole confronto con un’imprenditrice che vive fuori Italia e che ha recentemente fatto analizzare l’olio “extravergine” di oliva acquistato da un fornitore conterraneo perché assolutamente certa che non si trattasse di olio di oliva. I risultati dell’analisi chimica hanno attirato la mia attenzione: i primi due parametri analizzati, acidità e perossidi, che corrispondono ai due paramenti maggiormente ricercati nell’olio dai piccoli commercianti, corrispondono ad un olio extravergine di oliva di alta qualità (acidità dello 0,12% e contenuto di perossidi uguale a 5). Se non avesse svolto anche l’analisi spettrofotometrica non avrebbe dato conferma ai suoi dubbi: K270 e K232 rispettivamente di 1,89 e 2,4.

Queste pratiche fraudolente rappresentano un serio rischio per la salute dei consumatori e una minaccia per la credibilità di un intero territorio già martoriato per la pessima annata olivicola.
In accordo con la bibliografia, se non si hanno le risorse e il tempo per un analisi chimica che contempi perlomeno 4 parametri: acidità, spettrofotometria, perossidi e cere, la tecnica più efficace per riconoscere un buon olio extravergine di oliva è il test sensoriale.
Scrivimi per eventuale supporto tecnico per l’acquisto di olio extravergine di oliva o per una chiacchierata sull’argomento “analisi”
Bibliografia
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0956713521000402
https://www.ismeamercati.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/652